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Pellet

La longevità delle vostre stufe si accompagna con la qualità del nostro pellet facendole operare meglio e più a lungo.
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Il pellet è un combustibile ricavato dalla pressatura della segatura essiccata e si presenta sotto forma di piccoli cilindri del diametro di pochi millimetri, rappresentando oggi un’alternativa alle tradizionali fonti energetiche di riscaldamento. È un prodotto completamente realizzato con legno vergine ed ottenuto attraverso semplici operazioni meccaniche, privo di additivi, facilmente utilizzabile e completamente non inquinante, in quanto le emissioni di CO2 sono quasi nulle. Viene utilizzato nelle stufe di ultima generazione, in sostituzione ai ceppi di legno, comportando pertanto una serie di miglioramenti di tipo ecologico, energetico e di gestione dell’impianto di riscaldamento rispetto alle stufe tradizionali.

 

In particolare, il nostro pellet di abete, che offriamo con due tipologie diverse in qualità, è ottenuto da una miscela di segatura di legno vergine noto per il suo elevato potere calorifico, apprezzato per il basso residuo di ceneri, vanta la caratteristica di essere certificato alla norma europea ISO 17225-2 sotto la categoria En Plus A1. Il risultato finale di tale prodotto rappresenta un ottimo connubio tra calore e risparmio economico e si dimostra in grado di mantenere le vostre stufe pulite e funzionali nel tempo allungandone la vita e risparmiando su manutenzioni e pulizia. 

 

Abbiamo selezionato i migliori pellet per voi, le loro caratteristiche, hanno il pregio di sporcare in modo lieve sia le camere di combustione sia l'impianto scarico fumi delle vostre stufe, saranno capaci di donarvi caldi inverni preservando la loro affidabilità e durata nel tempo.

Eccellente Qualità

★★★★★ QUALITÀ SUPERIORE

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★★★★✯ ALTA QUALITÀ

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I parametri di qualità del pellet

Per affrontare questo argomento occorre in prima battuta fare chiarezza su quelli che sono i requisiti fondamentali affinché un pellet possa essere definito di buona qualità e chi definisce e assegna le cosiddette “classi di qualità”, spesso esibite nelle etichette dei sacchi e molto gradite a produttori e rivenditori che vogliono dare valore aggiunto al proprio prodotto.

La qualità del pellet viene definita da specifiche tecniche sviluppate a vari livelli. A livello internazionale la norma a cui fanno riferimento i biocombustibili solidi è la ISO 17225. Per il pellet di legno il riferimento nazionale è la UNI EN ISO 17225-2 “Biocombustibili solidi – Specifiche e classificazione del combustibile – Parte 2: Definizione delle classi di pellet di legno” che di fatto recepisce la norma ISO.

La norma stabilisce i parametri qualitativi di riferimento e le soglie entro le quali un determinato pellet deve rientrare affinché possa ritenersi conforme o meno ad una determinata classe di qualità (A1, A2 o B per pellet commerciali oppure I1, I2 e I3 per quelli industriali).

Considerata la funzione energetica, il primo requisito è legato alla sua capacità di liberare energia termica durante la combustione.

Questa proprietà è definita dal potere calorifico. Più specificatamente la norma fa riferimento al potere calorifico inferiore (PCI) del pellet tal quale da non confondere con il potere calorifico superiore (PCS), il cui dato è fuorviante e ancora utilizzato da alcuni produttori e distributori.

Per classificare un pellet in classe A1 il PCI deve essere non inferiore a 4,6 kWh (o 16,5 MJ) per kg di pellet tal quale.

Altro requisito fondamentale per un pellet di legno è avere un basso contenuto di ceneri.

Queste sono rappresentate dalla parte inorganica del materiale che non contribuisce alla combustione. Le ceneri tendono quindi a depositarsi sulla griglia di combustione o nell’apposito cassetto di raccolta e, pertanto, devono essere rimosse periodicamente. Tuttavia, questo, non è l’unico aspetto negativo legato alle ceneri. Esse, infatti, possono contribuire all’aumento delle emissioni di polveri in atmosfera e, in misura più evidente in caldaie di classi di potenza maggiori, anche alla formazione di aggregati solidi difficili da rimuovere (incrostazioni) e alla comparsa di fenomeni di corrosione delle componenti interne alla caldaia.

Dal punto di vista normativo, il contenuto di ceneri è con ogni probabilità uno dei parametri che pesa maggiormente nella collocazione qualitativa di un pellet di legno. Infatti, il limite previsto per la classe A1 è pari a 0,7% in peso su sostanza secca. Per la classe A2 il limite è di 1,2% e per la B del 2%. Se il contenuto di ceneri di un pellet legnoso destinato all’uso commerciale e residenziale supera anche quest’ultimo limite, non può più ritenersi conforme alla norma UNI EN ISO 17225-2.

Altri requisiti a cui il pellet deve rispondere riguardano aspetti di tipo fisico-meccanico.

Tra questi: la durabilità meccanica, cioè la capacità del prodotto di mantenere stabile la sua struttura a seguito degli urti che subisce nel corso della sua movimentazione e durante il trasporto; le particelle fini, cioè la frazione polverosa (< 3,15 mm) che residua a valle del processo di produzione o si genera durante il maneggiamento del pellet e che, generalmente, si deposita sul fondo dei sacchi o nelle tramogge.

Il pellet, non va dimenticato, è un prodotto costituito da particelle fini di legno che, per l’azione congiunta di pressione, attrito e temperatura, si aggregano più o meno stabilmente le une con le altre. Di conseguenza, se il processo produttivo non è ottimizzato, possono verificarsi, soprattutto durante il trasporto o l’uso in stufe e caldaie, fenomeni di disgregazione a volte anche molto evidenti.

Oltre a garantire determinate prestazioni energetiche e avere i giusti requisiti fisico-meccanici, il pellet deve anche preservare certe caratteristiche ambientali, tipiche del materiale di origine.

Il prodotto, in altri termini, non deve contenere elementi estranei a quelli generalmente presenti nel prodotto di partenza. Da qui la necessità di controllare la presenza di elementi chimici non caratteristici del legno. Il cloro, l’azoto, lo zolfo e i metalli pesanti (es. piombo, mercurio, cadmio e cromo) diventano pertanto dei parametri indicatori della presenza di possibili contaminanti che, tradizionalmente, derivano dall’uso di prodotti di scarto dell’industria del legno (es. OSB, compensati, lamellari, ecc.) che contengono colle o che in generale hanno subito trattamenti di tipo chimico.

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Il controllo qualità sul pellet

Rispettare i limiti imposti dalle classi di qualità definiti dalle norme, tuttavia, non è obbligatorio. Pertanto la verifica della conformità di un pellet alla norma sui biocombustibili resta un atto volontario, condotto generalmente da quei produttori e distributori che intendono verificare e comunicare la qualità del proprio prodotto o che desiderano consentire agli utilizzatori di avere accesso alle incentivazioni previste per la produzione di energia termica da impianti a fonti rinnovabili e per interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni.

Resta, invece, obbligatorio quanto disciplinato dall’Allegato X del Testo Unico Ambientale circa l’impiego di biocombustibili, in particolare alla Parte I – Sezione 4 in cui si definiscono tipologia e caratteristiche delle biomasse legnose combustibili.

Secondo l’esperienza del Laboratorio Biomasse, soprattutto negli ultimi anni, gli operatori del settore mostrano maggiore sensibilità verso una valutazione più rigorosa della conformità del pellet alle classi di qualità indicate dalla specifica tecnica (attenzione non si parla di certificazione).

Sono infatti in progressivo aumento i produttori, ma soprattutto i distributori di pellet, anche certificato, che hanno preso atto che la qualità non è sempre stabile ma può cambiare nel tempo in funzione, soprattutto, della materia prima utilizzata. Pertanto, è buona prassi ricorrere a dei controlli di routine affidandosi a dei criteri di monitoraggio per quanto possibile con oneri adeguati ai margini economici del prodotto.

In un mercato dove a livello nazionale i consumi superano di gran lunga la produzione e si deve attingere a fonti diverse di approvvigionamento, è necessario maturare una cultura del controllo sistematico della qualità del prodotto. Ovviamente si deve tenere conto dei costi del controllo stesso e individuare quindi soluzioni adeguate e compatibili con i margini economici del settore.

 

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